IL TRADUTTORE ‘UFFICIALE’ IN ITALIA – L’asseverazione secondo il rito italiano
In ITALIA la legge non prevede né riconosce la figura professionale del ‘traduttore giurato’ pertanto in Italia non esiste un albo professionale dei traduttori giurati così come non è prevista alcuna forma solenne di giuramento per il traduttore.
In Italia si parla solo di traduttore ufficiale nei termini che seguono. Stando ad una pronuncia della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15/12/1980, sono ‘traduttori ufficiali’ “tutti coloro in grado di fornire una traduzione ‘ufficiale’ di un testo straniero, e cioè quei soggetti che, particolarmente competenti in lingue straniere, sono in grado di procedere ad una fedele versione del testo originario fornendo ad essa il crisma della ‘ufficialità’ in forza di una preesistente abilitazione (iscrizione agli albi) o mediante successive procedure (es. giuramento)”.
Le traduzioni ufficiali sono traduzioni che di norma sono rese tali tramite asseverazione (giuramento) da parte di chi ha effettuato la traduzione, secondo un iter burocratico ben definito, davanti al funzionario incaricato del Tribunale che la riceve.
L’asseverazione è la procedura che dà valore alla traduzione tra privati oppure tra privati e la Pubblica Amministrazione.
Al fine di garantire l’imparzialità e la veridicità della traduzione, il traduttore deve essere un terzo estraneo all’atto che ha tradotto.
Il traduttore si reca in Tribunale con un documento d’identità valido e con la traduzione cartacea da giurare, senza che sussistano preclusioni in riferimento al luogo di residenza del traduttore. Secondo il rito italiano, infatti, non esiste una competenza territoriale del traduttore ed il giuramento può essere effettuato in qualunque Tribunale su tutto il territorio nazionale. Il ‘traduttore ufficiale’ chiamato ad asseverare (giurare) una traduzione può essere sia un soggetto iscritto agli albi dei C.T.U. e dei Periti del Tribunale e/o della Camera di Commercio, sia un soggetto non iscritto.
L’asseverazione (giuramento) della traduzione di un documento dinanzi al Tribunale ha luogo presso l’Ufficio Asseverazioni Perizie e Traduzioni, l’Ufficio URP o la Cancelleria – a seconda dei tribunali – di qualsiasi ufficio giudiziario (compreso l’Ufficio del Giudice di Pace) con tanto di timbri, marche da bollo (tranne in alcuni casi espressamente previsti dalla legge) e verbale di asseverazione, ai sensi dell’art. 5 del R.D. 9 ottobre 1922, n. 1366, sottoscritto dal traduttore e dal funzionario ricevente. Se la traduzione deve essere trasmessa all’estero è necessario legalizzare la firma del cancelliere alla Procura della Repubblica presso il Tribunale.
QUANTO COSTA ASSEVERARE UNA TRADUZIONE
Sulla traduzione va apposta 1 marca da bollo da € 16,00 ogni 4 facciate a partire dalla prima (e cioè: sulla 1*- 5* – 9* – 13*, ecc.), comprendendo nel calcolo anche il verbale di giuramento.
Le marche da € 16,00 non vanno applicate sul testo che precede la traduzione.
Le traduzioni esenti da bollo (adozioni, borse di studio, divorzio, lavoro e previdenza, ecc.) devono riportare sul verbale di giuramento gli estremi della legge che prevedono l’esenzione.
FORMATTAZIONE DELLA TRADUZIONE
In quanto alla formattazione della traduzione ed al conteggio delle marche da bollo ogni Tribunale adotta regole proprie.
Pertanto è sempre consigliabile informarsi preventivamente presso la Cancelleria interessata sugli eventuali requisiti localmente richiesti per il traduttore e per le modalità tecniche della traduzione (ad esempio, alcune Cancellerie richiedono pagine tradotte da 25 righe per facciata – come il foglio uso bollo, altre accettano pagine tradotte e formattate esattamente come il documento tradotto – stesso numero di pagine – mentre altre accettano traduzioni di più documenti con un solo verbale di asseverazione).
TRADUZIONI INCROCIATE
Non è consentito asseverare (giurare) traduzioni da una lingua straniera ad un’altra lingua straniera se non passando attraverso la lingua italiana. Pertanto il traduttore dovrà comporre l’atto nell’ordine che segue: prima il documento in lingua straniera e la traduzione in lingua italiana con il verbale di giuramento e, quindi, la traduzione dalla lingua italiana nell’altra lingua straniera con il relativo verbale di asseverazione.
In Italia vale che, laddove una traduzione asseverata debba essere munita di Apostille, questa sarà apposta presso la competente Procura della Repubblica sulla firma del funzionario che ha sottoscritto il verbale di asseverazione e non su quella del traduttore come avviene in altri Paesi quali, ad esempio, i Paesi Bassi i il Belgio. (v. mie riflessioni in merito).
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APOSTILLE
Di norma, gli atti ed i documenti in lingua straniera rilasciati all’estero, eccetto quelli redatti su modelli plurilingue previsti da Convenzioni internazionali, per poter essere fatti valere in Italia devono essere tradotti in italiano e legalizzati.
Nei Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione dell’Aia del 5 ottobre 1961 relativa all’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, la necessità di legalizzare presso le autorità diplomatiche e consolari gli atti ed i documenti rilasciati da autorità straniere è sostituita da un’altra formalità di legalizzazione semplificata: l’apposizione della “postilla” o apostille a mezzo adesivo/timbro o altra procedura analoga. (v. Ministero degli affari esteri)
L’Apostille è stata quindi introdotta dalla Convenzione dell’Aia del 5 ottobre 1961 che ha eliminato l’obbligo della legalizzazione per gli atti pubblici stranieri di cui all’art. 1 della medesima (v. qui di seguito) secondo la procedura ordinaria (dispendiosa in termini di tempo e denaro) stabilendo una procedura semplificata per la legalizzazione degli atti che devono essere utilizzati in Stati contraenti diversi dallo Stato contraente che li ha rilasciati.
Oltre agli Stati membri dell’Unione europea, alla Convenzione hanno aderito anche numerosi Stati terzi, tra cui gli Stati Uniti d’America.
La Convenzione si applica agli atti pubblici, ossia:
(art. 1 Convenzione dell’Aia del 5 ottobre 1961)
a) ai documenti emananti da un’autorità o da un funzionario sottoposto ad una giurisdizione dello Stato, compresi quelli che emanano dal Ministero pubblico, da un cancelliere o da un usciere di giustizia;
b) ai documenti amministrativi;
c) agli atti notarili;
d) alle dichiarazioni ufficiali, quali menzioni di registrazione, visti per data certa e certificati di firma, posti su un atto privato,
ad eccezione degli atti compilati dalle autorità diplomatiche e consolari.
A differenza della legalizzazione secondo la procedura ordinaria, per l’apposizione dell’Apostille non è richiesto l’intervento dell’autorità consolare straniera dopo quello dell’autorità nazionale che l’appone, ma soltanto l’intervento di quest’ultima.
L’Apostille persegue lo stesso obiettivo della legalizzazione ordinaria, ma con una procedura semplificata:
– certifica la veridicità della firma sopra atti, certificati, copie ed estratti
– certifica la legale qualità in cui ha agito il firmatario dell’atto (rilasciante l’atto)
e, se del caso,
– certifica l’autenticità del sigillo o timbro di cui l’atto è munito (art. 3 Convenzione dell’Aia del 5 ottobre 1961)
ai fini della validità legale del documento il quale, una volta munito dell’Apostille, può essere immediatamente recepito nel territorio di tutti gli Stati della Convenzione senza necessità di ulteriore legalizzazione.
ATTENZIONE:
– l’Apostille nulla dice circa il contenuto della traduzione!
– l’Apostille non certifica in alcun modo l’autenticità del contenuto dell’atto!
– l’Apostille non certifica nulla in merito alla validità ovvero all’efficacia dell’atto nello Stato d’origine!
– l’Apostille di per sé non ha scadenza (e dunque è superfluo apporne una seconda allo stesso atto o documento), mentre – in base alle leggi dello Stato di destinazione – può averla l’atto o documento legalizzato o apostillato.
– È esclusa la possibilità di apostillare atti e documenti non firmati in originale (ad esempio fax o stampe di e-mail); l’attuale quadro normativo non consente nemmeno la possibilità di apostillare atti e documenti firmati digitalmente. Fanno eccezione solo gli atti e documenti scansionati e trasmessi via P.E.C. (posta elettronica certificata) dalla Commissione per le Adozioni Internazionali direttamente alla Prefettura-Ufficio territoriale del Governo.
QUADRO NORMATIVO
Attualmente le formalità amministrative quali la legalizzazione e l’Apostille dei documenti pubblici negli Stati membri dell’Unione europea rispondono ad un quadro normativo frammentario riconducibile a varie fonti quali le discipline nazionali (spesso molto diverse), le convenzioni internazionali multilaterali o bilaterali ratificate solo da alcuni Stati e non da altri, con conseguente mancanza di chiarezza e certezza giuridica in materia per il cittadino, cui risulta difficile capire quali regole o eventuali eccezioni sono applicabili alla propria situazione personale.
Per unificarne la formulazione ai fini di comprensibilità, chiarezza ed intelligibilità a prescindere dalla lingua e dai caratteri utilizzati, la Convenzione ha previsto che l’Apostille:
– in quanto alla lingua, possa essere redatta nella lingua francese (lingua della Convenzione) o nella lingua ufficiale dell’autorità che l’ha rilasciata;
– in quanto alla sua intitolazione, debba sempre essere formulata in francese (art. 4 Convenzione dell’Aia del 5 ottobre 1961): “Apostille (Convention de La Haye du 5 octobre 1961)”;
– in quanto al contenuto, debba essere esattamente conforme al modello allegato alla Convenzione (ogni riga deve essere numerata e riportare le parole di cui alla Convenzione).
Modello di Apostille
Laddove un atto proveniente da uno Stato contraente sia provvisto di legalizzazione, quest’ultima renderà superflua l’apposizione dell’Apostille poiché la assorbe e la sostituisce.
(Fonte: Prefettura)